mercoledì 22 febbraio 2017

Intervista a sifu Daniele Corsetti


Intervistatore: Ci può parlare delle sue esperienze nelle arti marziali e negli sport da combattimento, e se ha mai avuto l’occasione di applicare quanto ha imparato in contesti sportivi (gare) o in situazioni reali per motivi professionali?
Sifu Corsetti: Ho iniziato ad allenarmi fin da bambino, negli anni ho praticato la boxe, la lotta, la muay thai, ed ho conseguito la nomina di Sifu nel wing tsun. Ho avuto anche diverse esperienze in situazioni reali, infatti mi è capitato molte volte di dover “menare le mani”. Ho lavorato nel mondo della sicurezza, nei locali notturni di Roma, e non solo. Erano gli anni caldi, era quasi una moda, ogni notte qualche rissa da sedare. In quegli anni ho fatto tanta esperienza diretta e so cosa significhi dover combattere per difendersi, e tutto ciò che è possibile fare in prevenzione a ciò.

I: Cosa ne pensa di quanto si vede in giro nel campo dell’insegnamento della difesa personale? Ritiene, anche in base alle esperienze che lei ha vissuto, che questo tema così delicato sia trattato con efficacia nel panorama italiano?
SC: da quello che si vede in giro, la difesa personale è trattata molto prendendo in considerazione scenari particolari di pericolo, aggressioni in vari luoghi, aggressioni da più persone, o da persone armate. Spesso ad ogni scenario viene associata una risposta più o meno preconfezionata, che però non lascia spazio all’adattamento, quando una risposta non funziona.

I: Dal suo punto di vista, quali sono le priorità nell’apprendimento di chi si iscrive ad un corso di DP? Cosa dovrebbe essere curato prima di tutto?
SC: secondo me la priorità deve essere data alla capacità di saper combattere in tutte le distanze e in tutte le occasioni, quindi sia attraverso stricking che lotta, utilizzando delle tecniche degli sport da combattimento. Per essere precisi è inutile studiarsi risposte a situazioni specifiche, o peggio ancora disarmi, se prima di tutto non si sa dare neanche un pugno decente. Secondo me è fondamentale avere una buona base di combattimento da strada, e su questo si fonda primariamente il mio insegnamento.



I: Stringendo maggiormente la visuale sulla sua scuola, la Fight Academy, quali sono i principi fondanti del suo sistema, e che processo di insegnamento utilizza? Quali sono i passaggi che ritiene necessari per formare le persone alla difesa personale?
SC: Il sistema che io propongo è niente di più e niente di meno che il combattimento da strada, un sistema di difesa che permette di avere una visione globale e completa del combattimento. Do molta importanza allo studio della distanza, e delle azioni che possono essere fatte a seconda della distanza dall’aggressore. Secondo me, ogni azione da fare in una situazione di difesa personale, quando si è minacciati, o ci si sente minacciati, si fonda sulla valutazione della distanza in cui ci si trova. Per ogni distanza avrò una possibile soluzione presa dagli sport da combattimento ed adattata per l’applicazione da strada. Le mie azioni inoltre avranno una soluzione di continuità a seconda della situazione in cui mi trovo, quindi da una lunga distanza potrò usare le gambe, da una distanza medi/lunga i pugni, con specifiche modalità difensive, e lo stesso dalla distanza medio/corta, fino ad una distanza di clinch e di lotta. Il mio obbiettivo è fornire agli allievi gli elementi di valutazione della distanza e le tecniche utili ed applicabili per ogni distanza. Il mio allievo non deve avere una tecnica preconfezionata, che se non funziona fa salire il panico, ma deve essere in grado di valutare a seconda della distanza in cui si trova, quale possibile azione eseguire.
Come riesco ad ottenere tutto ciò? Utilizzando le tecniche di allenamento degli sport da combattimento, dai quali prendo per ogni distanza le tecniche più utili, che poi vengono adattate e calate in una realtà da strada. Alcune tecniche che possiamo utilizzare con i guantoni, per esempio, hanno bisogno di qualche adattamento per essere usate a mani nude, però le cose che funzionano sia sul ring che per strada sono sempre le stesse. Penso che le MMA abbiano ampiamente dimostrato quali sono le tecniche che funzionano e quali no, e alla fin fine sono quelle tre-quattro tecniche per situazione (pugni, lotta).
Secondo me è assolutamente fondamentale lo sparring sportivo, che fornisce alla persona coraggio, tempismo, colpo d’occhio, e riduce la paura del contatto fisico e di prendere le botte. Studiare difesa personale senza fare sparring è come andare in moto in sala giochi, magari ti diverti, ma quando prendi la moto alla prima curva vai lungo. Lo sparring inoltre lo trovo un ottimo modo per imparare a gestire lo stress, più di tanti esercizi che vedo su youtube, che mi sembrano solo fare caciara, ma non portare ad insegnare nulla rispetto alla gestione dello stress.



I: Quindi il processo di apprendimento del suo sistema passa per uno studio della tecnica sportiva, che si adatta poi ad un utilizzo reale, e viene studiata nello sparring. Lei ha studiato per molti anni anche il Wing Tsun con Sifu Tassos, come ha inserito questa esperienza nel suo sistema?
SC: Penso che il wing tsun sia molto utile e possa essere applicato molto bene in una distanza medio corta. Lo studio del chi sao applicato alla lotta, per esempio, fornisce al praticante delle ottime capacità come la sensibilità o la struttura, utili per controllare un eventuale aggressore .

I: Qual è il tipo di persone che si rivolgono a lei, quali sono o dovrebbero essere le caratteristiche dei suoi allievi?
SC: penso che il mio sistema non sia proprio per tutti, perché non da strumenti pronti all’uso per ogni situazione, magari dando una falsa sicurezza. Nel mio sistema è fondamentale mettersi in gioco anche attraverso lo sparring, ovviamente sempre in sicurezza. Ho comunque ottenuto ottimi successi con persone motivate, riuscendo a fornire dopo un periodo di tempo relativamente breve, come un anno, dei buoni strumenti per cavarsela in una situazione reale.
Accolgo spesso persone che magari hanno praticato uno sport da combattimento per un certo periodo, ma che hanno perso motivazione e vogliono frequentare un corso di difesa personale senza ritrovarsi in un classico corso di difesa a mosse, o in un arte marziale tradizionale. Le mie esperienze personali, nell’ambiente degli sport da combattimento mi permettono di conoscere bene le esigenze di queste persone. Inoltre ho vari allievi che hanno bisogno di imparare un valido metodo di combattimento da strada in quanto si trovano a lavorare nella sicurezza dei locali, e quindi hanno bisogno per motivi professionali di controllare persone eventualmente fuori controllo.

I: Ultima domanda, qual è il suo approccio a situazioni particolari tipo aggressioni di gruppo o aggressori armati, e che spazio c’è nel suo sistema allo studio della teoria della difesa personale aldilà della parte relativa al combattimento?

SC: Nel mio sistema si affrontano anche questi aspetti, tant’è vero che ho avuto esperienze dirette anche in queste situazioni…. Ma tratto questi argomenti solo con allievi già in fase avanzata di addestramento, o con persone che fanno lavori “particolari”, addetti alla sicurezza etc. Non affronto questi argomenti con leggerezza.


Grazie..




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